Presentazione a cura del Prof. Fabio Fabellini
Il Contrabbasso, nella famiglia degli strumenti ad arco, è il componente che ha le dimensioni più grandi e il registro più grave. È munito di quattro o anche, ma raramente, cinque corde accordate per intervalli di quarta, e, in orchestra, suona molto spesso un’ottava sotto il violoncello. È apprezzato soprattutto per il contributo che dà alla compagine orchestrale, alla quale conferisce non solo volume e peso sonoro, ma anche il fondamento ritmico di base; lo strumento è stato anche impiegato per la realizzazione del continuo. Più rare sono state le occasioni in cui il contrabbasso è stato usato in qualità di strumento solista, benché anche tale repertorio risulta sorprendentemente vasto e comprensivo di oltre duecento concerti. Lo strumento per lo più pizzicato svolge un ruolo fondamentale nella musica leggera e nel jazz, è usato inoltre nelle bande, militari e non, di molti paesi.
Esistono due modelli fondamentali: l’uno simile alla forma della viola da gamba, l’altro alla forma del violino. I contrabbassi la cui forma si avvicina a quella della viola da gamba hanno solitamente fondo piatto con la parte superiore che risale verso il manico; I due fori praticati nella tavola hanno talvolta forma di C, ma accade anche, più raramente, che vi sia un terzo foro a forma di Rosetta. Altri strumenti si rifanno invece più al modello del violino; per garantire una maggiore facilità di esecuzione: il fondo può talvolta essere appiattito e la parte superiore della cassa avere una linea più morbida e spiovente.
Tra i contrabbassi più piccoli (bassetti contrabbassi “da camera”), alcuni sono poco più grandi di un violoncello mentre, nel caso degli strumenti più grandi (quattro quarti), la lunghezza della cassa può raggiungere anche i 140 centimetri circa. Il contrabbasso normalmente impiegato in orchestra (tre quarti) ha una lunghezza di circa 115 centimetri. Uno tra i più giganteschi contrabbassi mai fabbricati fu quello, alto 4,8 m, costruito da Paul de Wit per il Festival musicale di Cincinnati del 1889. Un grande “Octobasse” a tre corde fu costruito nel 1849 da J. B. Vuillaume ed è conservato nel museo degli strumenti del Conservatorio di Parigi.
Il “basso piccolo”, che è un contrabbasso di dimensioni insolitamente ridotte impegnato nel jazz, è armato di corde sottili e accordato un’ottava sopra il contrabbasso ordinario.
I normali strumenti a quattro corde sono accordati mi, la, re, sol. Nei contrabbassi a cinque corde, la corda aggiunta al grave è per lo più accordata a si (a volte do). In alcuni casi è possibile, anziché aggiungere una quinta corda, avvalersi di un congegno meccanico a leve che consente all’esecutore di estendere la lunghezza della quarta corda, abbassandone l’accordatura al do. Gran parte del repertorio solistico per contrabbasso richiede l’uso della scordatura, di cui la più comune è quella fa diesis-si-mi-la. Le corde vengono accordate per mezzo di meccanismi d’ottone dotati di viti senza fine in acciaio, mentre sui contrabbassi più antichi ci si avvaleva di grandi piroli in legno. La musica orchestrale per contrabbasso è scritta un’ottava sopra i suoni reali.
La più antica raffigurazione che si conosca di un tipo di strumento simile al contrabbasso risale al 1516, ma già nel 1493 Prospero descriveva “viole da gamba alte quanto me”. Uno strumento del registro contrabbasso lo si incontra per la prima volta nell’ambito della famiglia delle viole da gamba. Due erano i sistemi di accordatura contemporaneamente presenti, l’uno che utilizzava soltanto l’intervallo di quarta, l’altro basato su una combinazione di terze e quarte alternate (accordatura “per terze e quarte”). Il “contrabbasso di viola” costruito da Hanns Vogel nel 1563, era impreziosito da splendide decorazioni, e munito, come le altre viole da gamba di tasti di budello accordato sol-do-fa-la-re-sol. La più interessante di tutte è l’accordatura grave re-mi-la-re-sol, che differisce solo per il re basso dalla moderna accordatura per contrabbasso mi-la-re-sol.
Alcuni ottimi contrabbassi, la cui forma originale fu probabilmente spesso modificata per ricavarne strumenti a tre o, successivamente, a quattro corde, risalgono alla fine del XVI e all’inizio del XVII secolo. Un pregevole contrabbasso originariamente a tre corde è quello costruito da Gasparo da Salò appartenuto a Dragonetti (noto solista dell’epoca) e oggi al museo Marciano a Venezia. Un bell’esemplare di Paoloni a sei corde, di fattura assai meno pesante, opera di Giovanni Paolo Maggini allievo di castro, si trova allo Horniman Museum di Londra: a fondo piatto e forma simile a quello del violino; è interessante porlo a confronto con lo strumento sagomato a forma di viola da gamba di Ventura Linarol (Padova 1585).
All’inizio del Seicento, il contrabbasso a cinque corde era assai diffuso in Austria e in Germania. Leopold Mozart, nell’edizione del 1787 della sua “Violinsschule”, riferiva di aver udito concerti, trii e brani solistici suonati su siffatti strumenti con effetti di estrema bellezza.
Nei primi anni del Settecento era comunemente diffuso il contrabbasso a tre corde, accordate la-re-sol oppure sol-re-sol: esso non presentava tasti, come logica conseguenza dell’affermarsi dell’orchestra sinfonica in cui questo strumento, più potente, soppiantò i precedenti modelli. Solo con il secondo decennio del XX secolo si cominciò a pretendere che i contrabbassisti di professione aggiungessero la corda Mi.
Oltre agli strumenti prodotti dai liutai italiani sopra menzionati, particolarmente pregiati sono i contrabbassi usciti dalle botteghe degli Amati, Bergonzi, Grancino e Testore. Tra gli inglesi, per aiutare i eccellenti furono Forster, Kennedy, Lott e Tar. In Austria, contrabbassi di ottima qualità furono costruiti da Jacob Steiner. Altri pregevoli esemplari provengono dalle scuole di Mittenwald e di Mirecourt.
Le lezioni di strumento, della durata di un’ora, sono individuali e si svolgono nel pomeriggio. Nel corso della lezione si affronteranno problematiche tecnico-strumentali ed in particolare si farà riferimento a metodi affermati pertinenti allo strumento stesso. Il “muro” tecnico iniziale sarà “abbattuto” grazie all’applicazione graduale dell’allievo (in modo autonomo e funzionale) di tali metodi e sostenuto dalla guida dell’insegnante. La scelta del repertorio sarà proporzionale all’apprendimento dello studente.